UNIONE TRA CAPITALE E LAVORO
(no al capitalismo ed al social-comunismo, si alla massima possibile diffusione e distribuzione della proprietà privata).
La percezione comune concepisce la proprietà privata come un bene assoluto dell’individuo che ne può disporre in totale libertà secondo i propri fini e al di fuori di ogni vincolo.
Il Distributismo considera invece i beni e quanto esiste sulla terra come un insieme di realtà che sono a disposizione di tutto il genere umano, nella sua universalità. La proprietà privata si pone dal punto di vista pratico ed empirico come il modo migliore di consentire l’utilizzo ottimale di tali beni e risorse. In assenza di proprietà privata ci sarebbe infatti un caos generale in cui nessuno saprebbe di quali beni si deve occupare e per quanto tempo, con un conseguente generale deterioramento delle risorse esistenti.
Altro requisito fondamentale perché la proprietà privata contribuisca al bene comune è che sussista un sistema economico-sociale in grado di contribuire alla sua massima diffusione tra la popolazione in maniera equa. Tale diffusione può consentire l’equilibrio e la prosperità dei mercati in quanto garantisce che vi sarà sempre la giusta proporzione tra chi vende e chi acquista, tra chi produce e chi potrà permettersi di acquistare i beni prodotti.
Si può pertanto affermare che l’equa distribuzione della proprietà è la condizione indispensabile per il buon funzionamento dei mercati.
Perché tale diffusione si possa realizzare è inoltre importante che lavoro e proprietà dei mezzi di produzione siano il più possibile convergenti. Una società in cui i mezzi di produzione siano concentrati nelle mani di poche persone e la maggioranza della gente si trovi a poter disporre solo della propria forza lavoro, è una società destinata allo squilibrio, perché, come la storia ci insegna, chi detiene il possesso dei mezzi di produzione sarà sempre in una posizione di vantaggio rispetto a chi lavora e ciò creerà nel medio e lungo periodo una sperequazione nella distribuzione delle ricchezze, nonché una perdita di libertà economica da parte dei salariati che per sopravvivere saranno obbligati ad accettare qualunque tipo di occupazione; una tale società si avvicina molto ai modelli di società servile che hanno caratterizzato le epoche passate.
La divisione tra lavoro e possesso dei mezzi di produzione genera inoltre un’alienazione del lavoro dalla sua dimensione prettamente umana: la libera iniziativa, le capacità di impresa, l’originalità inventiva della singola persona vengono di fatto mortificate ed il lavoro diventa un’entità privata di una valenza qualitativa, una merce anonima sottoposta alle leggi quantitative del mercato.
Il Distributismo pertanto rifiuta il sistema capitalistico, che per definizione sostiene la separazione tra lavoro e proprietà dei mezzi di produzione, tra lavoro e capitale, e produce una concentrazione di beni e risorse nelle mani di pochi, ed allo stesso modo rifiuta il sistema social-comunista, che prevede un ruolo esiguo e marginale per la libera iniziativa, la libertà economica e la proprietà privata.